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Come avvicinare i bambini alla matematica

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Tra giochi di logica e applicazioni pratiche, non esistono soluzioni universali ma approcci culturali

«Il numero è il sovrano delle forme e delle idee, e l’origine degli dei e degli spiriti.»

Attribuito a Pitagora da Giamblico di Calcide in “Vita di Pitagora”

Premessa doverosa: non sono un pedagogista né uno psicologo dell’età evolutiva, e di conseguenza posso solo integrare le competenze di queste figure professionali. Io faccio un altro mestiere, quello del divulgatore scientifico, che è una specie di creatura mitologica a tante teste: esperto, comunicatore, mediatore, educatore, e spesso molte altre. Il mio è quindi un punto di vista, coltivato in più di dieci anni di attività, che prova a mettere insieme ricerca scientifica, questioni culturali, e esperienza educativa. Di conseguenza, la risposta che proverò a dare alla domanda “come avvicinare i bambini alla matematica” avrà in realtà poco a che fare con i bambini stessi, e moltissimo a che fare invece con le famiglie e la società.

Un aspetto che mi trovo spesso a considerare è che, in una percentuale importante delle famiglie, mentre l’apprendimento delle abilità linguistiche viene percepito come “naturale” e non manca lo sprone allo sviluppo dell’espressività attraverso pratiche ludiche e creative, è meno comune che ci sia la stessa attenzione alle capacità numeriche che non sia il semplice “far di conto”. In termini più squisitamente folkloristici: mentre l’acquisizione delle prime parole viene celebrato come un momento significativo, e i fogli pieni di linee disegnate vengono esposti a imperitura memoria sulla porta del frigorifero, difficilmente le prime operazioni aritmetiche godono della stessa risposta emotiva da parte delle famiglie.

In generale, questo si innesta in un discorso culturale più ampio, in cui la le materie umanistiche e le discipline artistiche vengono considerate fondamentali per la formazione dell’individuo e la creazione di rapporti sociali, mentre la scienza e in particolare la matematica vengono percepite come più ostiche, più impersonali, meno importanti per l’integrazione nel gruppo sociale, e anzi spesso riservate ad una ristretta cerchia di persone “portate”. La matematica vista come un’attività meccanica, da apprendere nell’ottica di ottenere buoni risultati scolastici ma poco rilevante per la vita di tutti i giorni e certamente ben lontana dal piacere e dal divertimento.

Questo, ovviamente, è un pregiudizio, tra l’altro storicamente diffuso nel nostre paese, conseguenza anche di filosofie educative che affondano le loro radici all’inizio del secolo scorso, con l’idealismo di Croce e Gentile. In realtà, la pratica scientifica, seppur canonizzata nel metodo, si basa sul processo di apprendimento naturale dell’essere umano, per prove ed errori, e miglioramenti continui. Allo stesso modo, ci sono forti indicazioni che le abilità matematiche di base siano innate, e che quindi siamo una parte imprescindibile della cognizione umana. Importantissimi in questo ambito sono stati gli studi pionieristici di Karen Wynn, scienziata canadese-americana impegnata nel campo delle scienze cognitive, che hanno dimostrato capacità matematiche di base nei bambini a partire da circa sei mesi di età, e che le hanno valso la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Nature nel 1992.

Sfatato quindi il pregiudizio che le competenze matematiche siano in qualche modo accessorie allo sviluppo cognitivo nell’infanzia, e dimostrato che invece ne facciano parte in maniera imprescindibile fin dalla più tenera età, resta la domanda quali siamo in modi migliori per avvicinare i bambini alla matematica e sviluppare le loro capacità logiche, numeriche, spaziali.

Riguardo a questo, nella mia esperienza, la questione più importante è la realizzazione che non esistono soluzioni semplici e tantomeno univoche, ma che l’approccio debba essere primariamente culturale. Infatti, e dovrebbe essere ridondante dirlo, non tutti “i bambini” sono uguali. Anche tralasciando le questioni riguardanti le tempistiche dello sviluppo cognitivo, ci sono sensibilità e preferenze che hanno diritto ad essere rispettate. Alcune di queste differenze, tra l’altro, non sono nemmeno personali ma conseguenza di pressioni sociali che esercitano la loro influenza fin dall’infanzia attraverso la famiglia e la cultura condivisa. Appare quindi chiaro come non possano esistere “soluzioni universali”, ma debbano essere considerate differenti proposte, che possono essere efficaci in maniera diversa a seconda dei soggetti e delle situazioni.

Alcune di queste passano attraverso l’aspetto ludico: la “gamification” della pratica matematica, attraverso giochi, punteggi, livelli, competizioni può essere un modo per generare interesse e gratificazione. Molte proposte digitali ad esempio vanno in questa direzione, concentrandosi sul “coding” inteso come aspetto educativo della programmazione informatica.

Ma non è l’unica possibilità: per altri l’aspetto interessante della matematica può essere quello pratico di risoluzione dei problemi. La matematica come strumento per ottenere risultati pratici, attraverso l’uso di oggetti fisici, la costruzione di strutture, o l’uso di strumenti meccanici: questo approccio si inserisce bene nella filosofia educativa STEM (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica) che integra la matematica con le sue applicazioni.

Un altro aspetto, che spesso viene trascurato, viene invece dall’apprezzamento della bellezza della matematica: uno strumento del pensiero lucido e lineare, che permette di esplorare con la mente concetti lontani dalla pratica quotidiana ma ricchi di fascino. Questo approccio viene un po’ messo da parte dai docenti perché può risultare più complesso, ma rappresenta una possibilità che dovrebbe essere proposta per fornire, se non altro, una prospettiva diversa sulla matematica.

Come dicevo, ci sono diversi approcci possibili. Ma c’è una questione alla base che, come affermavo all’inizio, ha poco a che fare con i bambini e molto con le famiglie e la società. Se il sentimento comune riguardo la matematica trasmesso dagli adulti è di una disciplina ostica e noiosa, non ci si può aspettare una risposta diversa da parte dei ragazzi e delle ragazze. Per ogni affermazione del tipo “io la matematica non l’ho mai capita” pronunciata quasi con orgoglio, o “per me la matematica è sempre stata noiosa” detta con una scrollata di spalle, stiamo influenzando le giovani generazioni a ripetere le stesse azioni e a mettere in atto gli stessi meccanismi di rifiuto.

Questa, nella mia esperienza, è la questione fondamentale che è necessario affrontare. Trasformare la domanda esterna “come avvicinare i bambini alla matematica” in un interrogativo interno: “come non allontanare i bambini dalla matematica”. Solo allora, quando gli adulti avranno focalizzato il proprio ruolo e la propria responsabilità, si potrà affrontare la questione dei metodi di apprendimento, e lavorare insieme per trovare gli approcci più efficaci.

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